Le
“tegnùe” di Chioggia: valutazione dell’impatto della pesca a
strascico con metodi acustici e
sistemi informatici.
G.
Franceschini1, S. Raicevic1,2, O. Giovanardi1,
F. Pranovi2 & L. Manzueto1
1
Istituto Centrale per
la Ricerca
scientifica e tecnologica Applicata al Mare (ICRAM) – Località
Brondolo, 30015 Chioggia (VE).
2
Dipartimento di Scienze Ambientali, Università di Venezia – Campo
della Celestia, Castello 2737B, 30122 Venezia.
Introduzione
Le aree costiere del
pianeta sono interessate da alti livelli di disturbo di origine
antropica, essendo siti favorevoli per importanti attività commerciali
ed industriali. Tra queste, la pesca professionale è considerata come
una delle più diffuse fonti di stress, potendo introdurre significativi
cambiamenti diretti ed indiretti all’ecosistema marino (Jennings e
Kaiser, 1998). Nell’ambito della Gestione Integrata della Zona
Costiera (GIZC) ciò sta attirando un’attenzione crescente sugli
effetti della pesca, orientata soprattutto a trovare delle strategie che
ne mitighino l’impatto sull’ambiente e ne rendano sostenibile
l’esercizio.
Attualmente
tra gli strumenti più promettenti nella GIZC vi sono le Aree Marine
Protette (AMP) e le Zone di Tutela Biologica (ZTB), viste come misure
necessarie nella gestione di ecosistemi marini pesantemente sfruttati
dalla pesca in considerazione della loro dimostrata efficacia in termini
di conservazione degli habitat e della biodiversità, due elementi che
si riflettono sul reclutamento delle specie ittiche e, quindi, sulle
catture nelle aree adiacenti (Guénette et
al., 1998; Roberts et al.,
2001).
Per
rendere efficaci tali strumenti è però necessaria una conoscenza
quanto più approfondita riguardante i meccanismi che regolano
l’ecosistema fonte delle risorse, in questo caso il mare, la
localizzazione delle aree sfruttate e l’intensità dello sforzo di
pesca, stimabile con l’aiuto di diverse metodologie (per un confronto
esaustivo tra differenti metodiche sperimentali si veda Coggan et al.,
2001). Tra queste ultime possiamo annoverare senz’altro le tecniche
cosiddette di “remote sensing” come il Side-scan Sonar (SSS) - sonar
a scansione laterale - che può restituire una descrizione accurata
della topologia e morfologia del fondo marino su vasta scala al punto da
poter fornire, attraverso il conteggio delle tracce lasciate dagli
attrezzi di pesca a strascico, una stima quantitativa dello sforzo di
pesca in una determinata area (Newton e Stefanon, 1975; Stefanon, 1985;
Service e Magorrian, 1997; Service, 1998; Schwinghamer et
al., 1998; Raicevic et al.,
2002).
Tra
i mari italiani, l’Adriatico Settentrionale è quello sottoposto allo
sforzo di pesca più elevato (Ardizzone, 1994) ed i pescherecci
commerciali, per la maggior parte equipaggiati con reti a strascico,
rapidi e draghe idauliche, sfruttano principalmente le risorse demersali.
A questo concorre la morfologia del bacino, una vasta distesa di fondali
sabbiosi e fangosi posti a modesta profondità (in media
30 m
e comunque <
50 m
), interrotta localmente da alcuni sporadici affioramenti rocciosi
chiamati “trezze” o “tegnùe” dai pescatori veneti (Boldrin,
1979).
Tali
affioramenti costituiscono degli habitat rocciosi a struttura
tridimensionale ed hanno un ruolo riconosciuto nel sostenere la
biodiversità (Mizzan, 1992). Essi forniscono riparo a molte specie
commercialmente importanti, contribuendo, di conseguenza, a prevenire il
collasso di tali risorse giunte in taluni casi al sovrasfruttamento (Caddy,
1999).
A
circa
4,5 Km
in direzione sud-est dal Porto di Chioggia esiste una vasta area
caratterizzata da tali aggregati rocciosi, nota da tempo ai pescatori, e
che oggi fa parte, insieme ad altre tre aree più piccole, della ZTB
delle “Tegnùe di Chioggia”. Istituita dal Ministero per le
Politiche Agricole e Forestali e recepita con un’ordinanza dalla
Capitaneria di Porto di Chioggia nell’Agosto 2002, vi è vietata
qualunque attività di pesca, sia sportiva che professionale (per
ulteriori informazioni si rimanda al sito web http://www.tegnue.it).
Un
anno prima dell’istituzione di tale ZTB abbiamo portato a termine in
quest’area una serie di campagne con SSS allo scopo di caratterizzare
su ampia scala l’estensione e le principali caratteristiche delle tegnùe,
ad oggi mai descritte in una visione unitaria e georeferenziata, e di
fornire una prima stima dello sforzo di pesca sui fondali circostanti.
Materiali
e metodi
L’area
di studio è stata indagata nel mese di Agosto 2001 per mezzo di un
Side-scan sonar (Giovanardi et al., questo volume), trainato in
una serie di cale parallele effettuate a partire dal lato dell’area più
sottocosta.
Le
immagini digitali acquisite sono state processate direttamente a bordo
grazie ad un sistema integrato con personal computer. Una volta a terra,
l’insieme dei tracciati è stato esaminato per l’interpretazione
geomorfologica e montato poi al computer in un “mosaico”, così da
ottenere una visione complessiva della morfologia delle tegnùe (Giovanardi
et al., ibid.). L’analisi dei segnali acustici ha
permesso di distinguere i vari tipi di substrato presenti nell’area e
di ottenere una mappa digitale con
i contorni di ognuno. Per i nostri scopi, essendo questo lavoro
orientato alla determinazione dello sforzo di pesca, è stata presa in
considerazione solamente la distinzione tra il substrato dominante
nell’area (peliti sabbiose) ed il resto (concrezioni organogene e
detrito conchigliare e bioclastico).
Il
mosaico è stato infine georeferenziato (per i dettagli vedere
Giovanardi et al., ibid.) ed importato in un GIS (Geographical
Information System) insieme alla mappa digitale delle aree delle tegnùe.
Un
GIS consiste in un software (nel nostro caso, ArcView GIS 3.2) capace di
gestire dati (inseriti in un database), immagini vettoriali (mappe
digitali, ad esempio) e raster (scansioni di carte nautiche, foto aeree
e, nel nostro caso, il mosaico dei tracciati SSS) in un contesto
georeferenziato, vale a dire dove ogni elemento è caratterizzato da
coordinate espresse in un sistema di riferimento scelto secondo
convenienza. Il software impiegato permette anche di effettuare misure
sugli elementi inseriti: dalla mappa digitale delle aree delle tegnùe
abbiamo quindi estratto il perimetro e la superficie delle varie
strutture.
Tra
le tracce di attrezzi da pesca identificate nei vari tracciati SSS,
quelle lasciate dal “rapido” erano senz’altro le più numerose e
facilmente identificabili rispetto ad altri segni (pesca con coccia,
ancore) di più difficile attribuzione. In questo lavoro, quindi, ci
siamo concentrati solo sulle prime.
Per
poter dare un’indicazione della localizzazione dello sforzo di pesca
(quante singole tracce di “rapido” in quali parti delle tegnùe), ci
siamo avvalsi del GIS descritto in precedenza, creando una griglia di 84
celle di 500x500 m (0,25 Km2) e sovrapponendola al mosaico in
modo da coprire la maggior superficie possibile. Conoscendo le
coordinate dei vertici di ciascuna cella e quelle di ognuna delle tracce
dei “rapidi” è stato infine possibile attribuire ad ognuna un
conteggio di passaggi dovuti alla pesca professionale.
Risultati
e discussione
Dall’analisi
dei tracciati SSS e dal confronto con il mosaico sono state identificate
e digitalizzate 43 strutture principali, di forma variabile, disposte in
una sorta di arcipelago il cui asse è orientato approssimativamente
NO-SE (Fig. 1).
Le
caratteristiche dimensionali salienti di tali elementi (categorizzati
per classi di area - vedere Giovanardi et al., ibid. per
le misure dettagliate della parte organogena e bioclastica) sono
sintetizzate in Tab. 1.
Tabella 1.
Caratteristiche spaziali degli elementi delle tegnùe.
Classe
di superficie (km2)
|
Numero
elementi
|
%
sul totale
degli
elementi
|
Area
ricoperta in totale (km2)
|
%
sul totale
della
superficie
|
Area
media (km2)
|
<
0,01
|
27
|
62,8
|
0,094
|
3,5
|
0,003
|
0,01
– 0,1
|
11
|
25,6
|
0,332
|
12,3
|
0,030
|
0.1
– 0,5
|
4
|
9,3
|
0,951
|
35,2
|
0,238
|
>
0,5
|
1
|
2,3
|
1,323
|
49,0
|
1,323
|
Tot.
|
43
|
100
|
2,700
|
100
|
0,063
|
Gran
parte (88,4%) delle strutture affioranti dal fondo (fino a 0,1 km2
di superficie) è
costituita da “isole” che hanno un perimetro fino a
2 km
(ma l’80% di essi ha in media poco più di
300 m
) e che, relativamente al totale degli affioramenti, occupano un’area
di meno di 0,5 Km2, vale a dire poco più del 15% della
superficie delle tegnùe. Questa è anche la parte più esposta e
sensibile all’impatto della pesca, essendo ubicata al margine dei
pochi elementi più grandi, in zone facilmente accessibili agli
attrezzi. Il restante 11,6% occupa quasi l’85% della superficie totale
ed è caratterizzato soprattutto dalla presenza di un’unica grande
struttura dal perimetro superiore ai
10 Km
e dall’area di più di 1 Km2.
Tutti
i tracciati SSS hanno rivelato la presenza di tracce di origine
antropica sui fondali esaminati, più o meno numerose, almeno alle due
estremità rappresentate dai lati corti dell’area. Le più facili da
identificare sono state quelle lasciate dal “rapido”, un attrezzo di
pesca a strascico molto comune nella Marineria di Chioggia: le tracce
erano infatti disposte a coppie o a gruppi di 4 (Fig. 2), ciascuna larga
quanto l’attrezzo reale (
3 m
circa).
L’impatto
della pesca con il “rapido” all’interno dell’area indagata è
mostrato nella Fig. 3. Come si può vedere, tracce di pesca con questo
attrezzo sono state osservate su gran parte del substrato che circonda
le tegnùe stesse: in un raggio di
500 m
dagli affioramenti sono state conteggiate in media fino a 40 tracce di
“rapidi” ed in alcuni casi sono stati evidenziati dai tracciati SSS
alcuni segni di pesca a meno di
40 m
dalle rocce.
Ci
sono due zone dove lo sforzo di pesca è più intenso, localizzate a
nord e a sud-est delle tegnùe prese nel loro insieme. In tali aree sono
stati conteggiati dagli 86 ai 130 passaggi, con punte maggiori di 130
nella cella più a nord della griglia.
Da
alcuni studi effettuati sull’impatto degli attrezzi da pesca (Pranovi et
al., 2000; Raicevic et al., 2002) è emerso che, nel caso
del “rapido”, le tracce rimangono visibili al SSS da un mese (su
substrato fangoso) a tre mesi (su substrato sabbioso). Data la natura
mista fangoso-sabbiosa dei fondali che circondano le tegnùe, possiamo
dedurre in prima approssimazione dalla nostra “fotografia” (il
mosaico SSS) scattata ai primi di Agosto 2001 (a fermo biologico
iniziato) che la stima di impatto descritta sia un’integrazione delle
attività di pesca nei due mesi precedenti (Giugno-Luglio).
Conclusioni
I
dati raccolti con il SSS nell’area più grande della ZTB di Chioggia
hanno permesso di ottenere una dettagliata descrizione della topografia
generale del fondo marino, in particolar modo degli affioramenti noti
con il nome di tegnùe.
Le
immagini hanno mostrato una serie di strutture variamente disposte ed
aggregate, così come cospicue tracce del passaggio di attrezzi da pesca
a strascico, in particolar modo del “rapido” - proibito entro le
3 miglia
dalla costa - efficacemente quantificate per mezzo dell’analisi GIS.
Da
un punto di vista scientifico, il materiale esaminato e la mappa della
distribuzione dello sforzo di pesca sono un valido punto di partenza per
la pianificazione di futuri campionamenti subacquei, slitte equipaggiate
con telecamere e/o ROV (veicoli sottomarini teleguidati) mirati ad
approfondire lo studio della biodiversità (a tale proposito si veda in
appendice la lista faunistica di una ricerca condotta sulle tegnùe) e
l’analisi dell’impatto della pesca. In tal modo sarebbe possibile
distinguere con precisione le tracce della pesca sportiva (segni
lasciati dalle ancore, ad esempio) da quelle della pesca professionale
e, tra queste ultime, quelle appartenenti ad attrezzi diversi, nonché
per quanto tempo esse rimangano visibili in funzione del tipo di
sedimento (sabbioso, sabbio-fangoso, fangoso, ecc.).
In
prospettiva, le informazioni ottenute in questo studio sono importanti
come base per la gestione: la mappa elaborata rappresenta infatti un
riferimento per l’elaborazione di strategie atte a fronteggiare le
problematiche connesse con l’impatto della pesca nelle vicinanze di
aree in vario grado protette, come, ad esempio, la scelta del tipo di
protezione da adottare e la determinazione ed allocazione di aree di
rispetto, la verifica della loro efficacia nel tempo, la scelta nel
posizionamento di boe per la segnalazione della ZTB stessa e di
ancoraggio per imbarcazioni da ricerca e turistiche (immersioni a scopo
ricreativo).
I
risultati di questa ricerca, infine, potrebbero essere impiegati sia per
pianificare una serie di attività scientifiche mirate ad approfondire
le conoscenze generali sulle tegnùe (distribuzione delle biocenosi
bentoniche di fondi duri e mobili, parametri idrologici fondamentali)
che ad utilizzarne il potenziale biologico, indirettamente ma
sicuramente testimoniato dall’elevato sforzo di pesca osservato, ad
esempio con esperimenti sul ripopolamento di specie commerciali
pesantemente sfruttate.
Bibliografia
Ardizzone,
G.D. 1994. An attempt of a global approach for regulating the fishing
effort in
Italy
. Biol. Mar. Med., 1:
109-113.
Boldrin,
A. 1979. “Aspetti ecologici delle formazioni rocciose dell'Alto
Adriatico”. Atti Conv. P.F. Oceanografia, CNR, Roma.
Caddy,
J.F. 1999. Fisheries
management in the twenty-first century: will new paradigms apply? Rev.
Fish. Biol. Fish., 9: 1-43.
Coggan,
R.A., Smith, C.J., Atkinson R.J.A., Papadopoulou K.-N., Stevenson,
T.D.I., Moore, P.G. & Tuck, I.D. 2001. “Comparison of rapid
methodologies for quantifying environmental impacts of otter trawls”.
DG XIV Study Project No. 98/017, Relazione Finale.
Guénette,
S., Lauck, T. & Clark, C. 1998. Marine reserves: from Beverton and
Holt to the present. Reviews in Fish Biology and Fisheries, 8:
251-272.
Jennings
,
S. & Kaiser, M.J. 1998. The effects of fishing on marine ecosystems.
Advances in Marine
Biology, 43:
201-351.
Mizzan,
L. 1992. Malacocenosi e faune associate in due stazioni adriatiche a
substrati solidi. Bollettino del Museo Civico di Storia Naturale di
Venezia, 41; 7-54.
Newton,
R.S. & Stefanon, A. 1975. Application
of Side Scan Sonar in marine biology. Marine
Biology, 3:
287-291.
Pranovi,
F., Raicevic, S.,
Franceschini, G., Farrace, M.G. & Giovanardi, O. 2000. “Rapido”
trawling in the Northern Adriatic Sea: effects on benthic communities in
an experimental area. ICES
J. Mar. Sci., 57:
517-524.
Raicevic,
S., Da Ponte, F., Pranovi, F., & Giovanardi, O. La pesca a strascico
in alto adriatico e l’utilizzo del side scan sonar quale possibile
strumento per la valutazione dello sforzo. Mar. Biol. Medit., 9
(1): 217-219.
Roberts,
C.M., Bohnsack, J.A., Gell, F., Hawkins, J.P. & Goodridge R. 2001.
Effects of marine reserves on adjacent fisheries. Science, 294:
1920-1923.
Schwinghamer,
P.,
Gordon
,
D.C.
, Rowell, T.W., Prena, J., Mckeown, D.L., Sonnichsen, G. & Guigné,
J.Y. 1998. Effects of experimental otter trawling on surficial sediment
properties of a sandy-bottom ecosystem on the Grand Banks of
Newfoundland. Conservation Biology, 12: 1215-1222.
Service,
M. 1998. Monitoring benthic habitats in a marine nature reserve. Journal
of Shellfish Research, 17 (5): 1487-1489.
Service,
M. & Magorrian, B.H. 1997. The extent and temporal variation of
disturbance to epibenthic communities in
Strangford Lough
,
Northern Ireland
. Journal of Marine Biological Association of the
United Kingdom
, 77: 1151- 1164.
Stefanon,
A. 1985. Marine sedimentology through modern acoustical methods: I. Side
Scan Sonar. Bollettino
di Oceanologia Teorica ed Applicata,
Vol. III, 1.
APPENDICE
Estratto
da: Gabriele M., Bellot A., Gallotti D., Brunetti R. 1999. Sublittoral
hard substrate communities of the
Northern Adriatic Sea
. Cah. Biol. Mar., 40: 65-76.
Nel 94 (Luglio,
Agosto, Ottobre) e nel 95 (Gennaio, Aprile, Giugno, Agosto) sono stati
effettuati sette campionamenti in una stazione delle tegnùe di Chioggia
(vedi Fig. 1), nei quali alcuni subacquei hanno asportato per
raschiamento tutto il contenuto compreso in una cornice di 50x50 cm,
deposta in modo casuale sulle rocce.
La tabella di seguito
riportata mostra la lista faunistica risultante dai campionamenti.
Lista faunistica
delle specie campionate in una stazione delle tegnùe di Chioggia.
Gruppi trofici: f=fotosintetizzatori; sa=sospensivori attivi; sp=sospensivori
passivi; c/n=carnivori/necrofagi; l=limivori (tratta da: Gabriele et
al., 1999; modificata).
|