Le Tegnue
Un ambiente marino incantevole da conoscere e conservare
Piero Mescalchin (nella foto), padovano, subacqueo per passione da una vita, è il presidente dell’Associazione “Le Tegnùe di Chioggia” onlus. Voce dialettale di tenute (marine), le Tegnùe sono fondali rocciosi costituiti da sedimenti organogeni su terreno sabbioso che favoriscono un habitat particolare, specie per molluschi e crostacei, dell’alto Adriatico. Sono diventate oggetto di studio da parte di enti vari, associazioni, università. A questo mondo misterioso, vivace e multicolore, nel quale incappano spesso le reti dei pescatori con esiti poco piacevoli, Mescalchin ha dedicato infinite immersioni, anche munito di videocamera, e ultimamente anche un volume con numerose e affascinanti fotografie, che illustrano e illuminano un mondo sconosciuto ai più. Per tutti questi motivi abbiamo creduto opportuno chiedere all’esperto subacqueo di parlarci di quest’ambiente marino, della sua importanza e delle sue peculiarità.
Signor Mescalchin, ci vuole spiegare che cosa sono precisamente le Tegnùe?
Sono delle formazioni organogene, in decomposizione, con sabbia cementata e organismi. Nel prossimo convegno di Chioggia del 13 maggio i mineralogi ci diranno di più su queste formazioni rocciose. Diecimila anni fa circa l’Adriatico finiva ad Ancona, e la zona delle Tegnùe potrebbe essere terra emersa deltizia, forse del Po. Non è propriamente roccia ma sabbia cementata assieme a organismi morti. Che questa fosse terra emersa 4-5 mila anni fa e poi ricoperta dall’acqua è stato confermato. Negli ultimi anni, attraverso la nostra associazione, è stata compiuta una notevole campagna di studio, ma già dalla fine del Settecento l’abate e biologo chioggiotto Giuseppe Olivi ne parlava già. Non è stata dunque una scoperta. Altri studi sono stati fatti negli anni settanta, ma sono stati per lo più dimenticati. Nel 1988 ho cercato con determinazione di riportare l’attenzione su questo tesoro naturalistico. Non ho eseguito solo foto, ma anche molti filmati che hanno indotto le autorità competenti alla creazione di una zona protetta per queste preziosità marine, dove la pesca professionale e sportiva sono vietate.
Quando si è avvicinato a questo mondo? In quali circostanze?
La mia passione per l’acqua e le immersioni nasce nel 1972. Allora le attrezzature non erano sofisticate come quelle di oggi. Attualmente ti danno il brevetto di subacqueo in una settimana, allora ci volevano circa sei mesi. All’epoca, proprio aiutando i pescatori a liberare le loro reti dalle tegnùe, mi sono avvicinato un po’ alla volta a questo mondo e ho fatto amicizia con tanti pescatori. Eravamo in pochi ad esercitare quest’attività impegnativa anche se per passatempo. Con il tempo l’interesse per quel mondo sommerso e la sua biodiversità è aumentato, abbiamo catalogato oltre 200 specie fra pesci, molluschi, alghe, spugne. In quest’attività ho coinvolto anche la mia famiglia: infatti ho due figli che fanno la mia stessa attività.
Com’è nata l’idea di raccontare tutto in un libro molto ben illustrato?
Era l’esigenza di lasciare una storia, una documentazione lunga trent’anni, è stato il frutto di anni e anni d’impegno. C’era anche il desiderio di andare incontro ai timori diffusi dei pescatori, di venire incontro a studiosi e naturalisti. Il mare non è bello e affascinante solo quando è limpido in superficie, ma anche, e per certi versi forse di più, quando è torbido, perché alimenta la vita della flora e della fauna marina. Volevo far vedere che anche quando è torbido (persino quando ci sono le alghe) si possono eseguire delle belle fotografie. Era insomma un invito a conoscere un mondo nuovo.
I suoi progetti per il futuro?
Tutti noi auspichiamo che questo fondale marino, tipico soprattutto nella zona di Chioggia, (sono 25 chilometri quadrati di mare), sia veramente protetto e preservato. A dire il vero anche in altre zone e in altri litorali del veneziano è nata questa ricerca, con esiti non sempre positivi. Quando subacquei non proprio esperti vanno alla ricerca di questi nuovi fondali, si rischia di danneggiare, se non distruggere questi punti di immersione. Si può facilmente immaginare che cosa può succedere con decine di ancore gettate sopra. A Chioggia abbiamo segnalato 12 punti di immersione e ci si può immergere solo lì. Funziona un po’ come nella manutenzione di un giardino: è necessario creare un viale, o più, perché le aiuole non vengano calpestate e rovinate. Noi abbiamo agito così, anche con l’aiuto della Regione e della Capitaneria di Porto, che ha vietato l’immersione nei punti non segnalati. Adesso sto lavorando perché la zona delle Tegnùe divenga una concessione demaniale permanente, allo scopo di creare un maggior controllo. La responsabilità della città, del comune stesso, dovrebbe spingere a una migliore salvaguardia e rispetto per questo ambiente pressoché unico, specie per Chioggia.
Dunque siete in attesa di una concessione e di una gestione dell’oasi marina da parte del Comune di Chioggia?
Questo è nelle nostre attese, e ne avrebbe un beneficio l’ente pubblico stesso, anche come caratterizzazione marina dei fondali, nella direzione dell’interesse generale e, diciamolo, turistico. Questo comporterà delle spese ma il ritorno ci sarà sicuramente, in tutti i sensi, specie se ci sarà sinergia tra Comune e Regione. Comunque il Comune di Chioggia il 5 agosto del 2002, con decreto ministeriale delle Politiche Agricole e Forestali, ha dichiarato quest’area Zona di Tutela Biologica con divieto assoluto di ogni attività di pesca. Nel dicembre dello stesso anno è nata la nostra Associazione “Tegnùe di Chioggia” senza fini di lucro. Le nostre finalità sono di tipo sportivo, ricreativo, didattico e scientifico. Raccogliamo dati, curiamo la pubblicazione di scritti e la registrazione di video sull’ambiente marino dell’Alto Adriatico. C’è la collaborazione con Università, con gruppi di ricerca e lavoro, enti pubblici e privati, associazioni subacquee sportive. Curiamo anche la formazione tecnica di subacquei con corsi di specializzazione e l’organizzazione di visite guidate.
Un bell’impegno che deve assorbirle parecchio tempio ed energie…
Sì, ormai le Tegnùe sono diventate come una seconda casa per me…Anzi, posso dire di trascorrere più tempo a Chioggia che a casa mia. Tra l’altro ho voluto dedicare la recente pubblicazione sulle Tegnùe (Le Tegnùe, il mio mondo) a un pescatore amico scomparso da poco, Giuliano Gianni, appassionato uomo di mare. Ci si sente insomma responsabilizzati perché quest’ambiente marino venga rispettato e fatto conoscere, trasmesso integralmente anche alle future generazione. Anche questo si può definire un vero e proprio “giacimento” culturale. Siamo abituati a conoscere e apprezzare, da tante trasmissioni televisive, immagini di fondali tropicali di tutto il mondo, e si conoscono di più gli abitanti di quei luoghi lontani, con i loro usi e costumi, che quelli dei nostri mari. Il mio lavoro tende ad invertire queste abitudini e a far sì che si possano ammirare prima di tutto le bellezze e le rarità di casa nostra.
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