Sport è Salute - VIII edizione sabato 28 marzo 2009 - Sicurezza nell'attività subacquea
Dal momento che la relazione è stata scritta senza l’ausilio di un sistema di registrazione meccanica e solo in base agli appunti presi a mano nell’aula congressuale, chiediamo scusa ai relatori per eventuali imprecisioni, mancanze, eccessive abbreviazioni che dovessero riscontrare.
SPORT E’ SALUTE – VIII EDIZIONE
Medici, infermieri e subacquei si sono trovati ad Abano Terme per parlare di sicurezza nell’attività subacquea…e non solo.
Sabato, 28 marzo 2009, presso l’auditorium Fidia Farmaceutici di Abano Terme, si è svolta l’VIII edizione di SPORT E’ SALUTE ( www.sportsalute.org ), quest’anno con cinque corsi di Educazione Continua per il personale sanitario. All’evento, indirizzato principalmente a medici ed infermieri, hanno partecipato anche diversi subacquei che sono venuti a conoscenza del convegno attraverso la mail circolare inviata dal DAN Europe.
Abbiamo chiesto al dr. Maurizio Schiavon, Presidente del Comitato Scientifico, di descriverci brevemente l’aspetto “multiforme” di questo congresso che ha previsto lo svolgimento, in contemporanea ed in aule diverse, di più sessioni. “La prima sessione, dedicata al mondo dello sport – ha detto Schiavon – tratterà delle regole di sicurezza nelle attività subacquee: una parte essenziale nella preparazione dei subacquei e del personale sanitario che lo assiste. La seconda sessione, si occuperà della terapia delle emergenze, sia subacquee, sia da intossicazione da monossido di carbonio: entrambi sensibili all’ossigenoterapia iperbarica. Si tenterà di stabilire un protocollo per il primo soccorso, l’iter terapeutico ed il coordinamento degli interventi. La terza sessione, connessa al trattamento iperbarico, prenderà in esame la terapia multidisciplinare delle lesioni cutanee difficili, con particolare attenzione ai pazienti anziani. La quarta sessione si baserà sull’assunto che la farmacologia e la modificazione dello stile di vita, nel diabete di tipo 2, può avere ricadute positive sugli out come vascolari, consentendo anche il raggiungimento di prestazioni sportive agonistiche. Per finire, la quarta sessione si soffermerà su un aspetto tecnico importante come il test da sforzo cardiopolmonare. Tale valutazione è preliminare alla prescrizione dell’esercizio fisico in soggetti normali o affetti da patologie”.
Notevole il numero di moderatori e relatori presenti al convegno: 80! Nutrita anche la rappresentanza degli enti dello Stato: Arma dei Carabinieri, Capitanerie di Porto Guardia Costiera, Guardia di Finanza, Marina Militare, Polizia di Stato, Protezione Civile, Vigili del fuoco.
La I sessione, di maggior interesse per i subacquei , dal titolo Obiettivo sicurezza nell’attività subacquea – Nuove opportunità è quella che abbiamo seguito. Schiavon ha aperto i lavori alle 9;30 dando spazio ai saluti delle autorità intervenute, dal Sindaco di Abano Terme Andrea Bronzato al Direttore Generale dell’Azienda ULSS 16 di Padova Fortunato Rao, molte delle quali hanno manifestato la loro passione per il mare e per lo sport sub. Hanno moderato i lavori Carlo Reggiani, Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport dell’Università di Padova, Marco Brauzzi, Presidente della Società Italiana di Medicina Subacquea ed Iperbarica, Vincenzo Comitini Responsabile della Medicina dello Sport dell’AUSL 8 di Siracusa ed Alessandro Marroni Presidente di DAN Europe.
Schiavon, riprendendo la parola, ha sottolineato l’importanza del medico dello sport, che ha il compito di seguire chi inizia l’attività sportiva ed agonistica, ma anche di sostenere chi continua a svolgere l’esercizio fisico in età non più giovane. “ Il contributo che questo convegno fornisce ai medici dello sport ed a chi si occupa di scienze motorie è notevole – ha detto Schiavon - Lo sport recupera appieno i suoi valori se diffonde la cultura e l’etica sportiva, e l’attività subacquea può rappresentare un invidiabile momento aggregante, realizzando appieno quanto Dante ci ha proposto in un passo del Paradiso …ell’è quel mare al qual tutto si move…”.
Dopo la proiezione di un filmato storico, messo a disposizione da Piero Mescalchin, sulle prime imprese in apnea di Raimondo Bucher, c’è stato l’intervento del dr. Giuseppe Fiorenzano, dal titolo
Il subacqueo con problemi respiratori: immergersi in sicurezza.
Nell’evidenziare come la presenza di problemi respiratori possa avere ripercussioni sul subacqueo in immersione, ha sottolineato la necessità di una visita medico specialistica accurata prima di intraprendere l’attività subacquea. Un’attenta valutazione deve, necessariamente, prendere in considerazione le precedenti malattie infantili del sub, le pregresse malattie polmonari ed i pregressi traumi toracici. Se l’anamnesi risulta negativa , si può procedere all’esame fisico e spirometrico; nel caso in cui emergano fattori patologici , bisogna sconsigliare l’immersione. Fiorenzano ha proseguito con la descrizione delle situazioni che controindicano l’attività subacquea in maniera definitiva o temporanea. Qualunque fase infettiva è una controindicazione all’attività subacquea che può essere ripresa solo quando radiografia e dati funzionali risultano normali. Anche un pregresso PNX (Pneumotorace) spontaneo del polmone costituisce controindicazione assoluta. Ed ancora: la broncopneumopatia cronica ostruttiva, caratterizzata da ostruzione persistente alle vie aeree, molto diffusa tra i fumatori; l’enfisema; tutte le patologie polmonari che danneggiano lo scambio gassoso e, quindi, compromettono la capacità di diffusione dei gas. Il relatore si è poi soffermato sull’asma, una patologia molto diffusa tra i subacquei: “la sua pericolosità – ha detto -è che il broncospasmo da esercizio può indurre broncocostrizione. Durante l’immersione, un episodio di broncospasmo può costringere il sub ad una risalita veloce e questo può provocare un barotrauma polmonare con rischio di Embolia Gassosa Arteriosa”. L’asma è considerato una controindicazione assoluta solo per chi pratica l’immersione professionale o militare. In base ai dati statistici, non c’è evidenza di maggior rischio per l’asmatico che si immerge, ma questo non significa che non esiste pericolo: ad esempio, l’edema polmonare da immersione, spesso colpisce i sub asmatici. Casi di broncospasmo si sono verificati in subacquei che avevano respirato da bombole di aria compressa contenente pollini a cui erano allergici. Sempre dalle statistiche risulta che diversi asmatici si immergono regolarmente. Una curiosità: Mark Spitz, il nuotatore americano vincitore di numerose medaglie olimpiche, era un asmatico.
E’ stata, quindi, la volta del Prof. Lucio Ricciardi che ha parlato del Consumo energetico in alcune tipologie d’immersione – apnea, scuba, rebreather, immersioni tecniche. “Le immersioni subacquee espongono un individuo a un certo numero di stressors ambientali - ha esordito Ricciardi - che non si ritrovano facilmente in molte altre attività. Iperbarismo, aumento della PO2, aumento della resistenza al movimento (densità H2O ≅ aria x 800), dovuta anche a pesi ed equipaggiamento, freddo, aumentata resistenza respiratoria. Tutto ciò si riflette in un aumento del consumo di ossigeno (V’O2).”
Alcuni studi hanno messo in evidenza che le immersioni in apnea e con autorespiratore possono grosso modo costare lo stesso, se eseguite per diporto o per lavoro di media entità. Apnea tranquilla ≅ ARA tranquilla 7 MET 7 MET 1.8-2.0 l min-1 Apnea di lavoro ≅ ARA di lavoro 12 MET 12 MET 3.0-3.5 l min-1 Apnea con discesa veloce 16 MET 16 MET 4.0-4.5 l min-1 Nelle immersioni tecniche con miscele o in saturazione (ad esempio Heliox) è importante controllare la temperatura inspiratoria dei gas respirati, onde evitare un raffreddamento rapido del nucleo dovuto all’inalazione di miscele troppo fredde. Infine il Relatore ha sottolineato come l’uso di ARO o rebreather permette di respirare una miscela più calda e umida rispetto agli apparecchi a circuito aperto.
L’intervento del prof. Alessandro Marroni, titolato Immergersi in sicurezza. Recenti acquisizioni del DAN Europe è stato un excursus sugli studi e le ricerche condotti dalla DAN Europe Research Division. Marroni ha evidenziato come la PDD rappresenti il punto di arrivo patologico nella pratica dello sport subacqueo “ma – ha detto – la nostra attenzione deve essere incentrata sulle bolle che sono il fattore scatenante del quadro patologico, assai più complesso della semplice invasione dei tessuti da parte delle bolle, che va sotto il nome di Patologia Da Decompressione”. La presenza di gas circolante rappresenta un evento molto comune nel sub. Le bolle si formano anche durante immersioni normali che, secondo le teorie decompressive “classiche” non dovrebbero produrne. In realtà, solo il 31% dei subacquei torna in superficie senza bolle, mentre il Alessandro Marroni 13% presenta bolle ad alto grado ed il resto di grado medio. “Per fortuna – ha scherzato Marroni - la risposta patologica alle bolle non è costante, altrimenti le camere iperbariche dovrebbero lavorare a pieno ritmo!” Dal 1908 in poi, numerosi sono stati i cambiamenti nelle modalità d’immersione: dalle lunghe e lente permanenze dei palombari sul fondo marino, si passò alla necessità di muoversi rapidamente ed a permanenze più brevi. Si giunse, così, ad una decompressione con risalita diretta in superficie senza soste. Ma la marina militare, le didattiche sub ed i produttori di computer non accettavano lo stesso livello di rischio. Perciò diverse formulazioni matematiche approvate dagli uni o dagli altri, portarono ad una proliferazione di tabelle basate su diversi algoritmi. “A nostro avviso – ha detto Marroni - la complessità biologica non può essere compresa ed espressa completamente dalle formule matematiche! Attualmente, circa il 60% delle patologie decompressive , nelle immersioni ricreative, è “immeritato”, avviene, cioè, dopo immersioni “normali e senza errori”: ci sono persone che “scappano” indenni da situazioni disperate ad altri che riportano gravi problematiche, nonostante abbiano rispettato tutte le regole. E’ evidente, dunque, che dobbiamo tornare all’osservazione della natura, senza pensare di poterla integralmente sostituire con delle regole matematiche”. Il relatore si è soffermato brevemente sulla storia delle deep stop e sugli studi di tipo biologico iniziati da Pyle. Ha poi spiegato alcune delle modalità di ricerca adottate dal DAN che non si basano solo sugli studi svolti in laboratorio, ma anche sull’impiego dei subacquei come raccoglitori (non interpreti, ha sottolineato) dei segnali provenienti dagli esami, sia doppler che di altri parametri fisiologici, svolti sul campo. Tali segnali vengono poi interpretati dagli scienziati DAN. Riguardo ai segnali Doppler, per rendere più efficace e produttiva l’interpretazione dei dati raccolti sul campo, che sono ormai diverse migliaia e richiederebbero un tempo molto lungo per l’interpretazione da parte di medici adeguatamente addestrati, DAN sta studiando, in collaborazione con l’Universtità Galatasaray di Istanbul una specie di orecchio elettronico.
Durante lo studio delle cosiddette “immersioni in curva”, gli scienziati DAN si sono accorti che, cambiando le modalità di risalita, si possono ottenere dei risultati migliori, in termini di produzione di bolle circolanti ed immersioni più sicure. Non solo, all’ottimizzazione dell’immersione contribuiscono anche altri elementi come l’esercizio fisico: in particolare, si è notato che i soggetti esercitati sono più protetti rispetto a quelli sedentari, presentando una maggior resistenza allo stress da decompressione. L’esercizio, inoltre, agisce migliorando l’interazione tra ossido nitrico ed eventi esterni. Anche la sauna pre - immersione è risultata un sistema protettivo nei confronti della formazione di bolle. Allo stesso modo, la vibrazione di 30 minuti prima dell’immersione, riduce la produzione di bolle post-immersione, forse per effetto meccanico. Studiando l’ematocrito e la densità urinaria, gli scienziati DAN si sono resi conto che non si verifica disidratazione subito dopo la prima immersione ( anzi, in questa fase, si è riscontata una significativa emodiluizione), bensì solo in seguito, prima della seconda e dopo di essa , quando si rileva una emoconcentrazione. Tra le due immersioni, quindi, avviene uno shift liquido che conduce, alla fine, ad un bilancio idrico negativo. Per questo motivo, con molta probabilità, l’immersione successiva risulta sempre più “bollosa” rispetto alla prima . Dalle indagini DAN, anche la tensione superficiale dei liquidi corporei è risultata importante. La tensione superficiale è quella forza che esercita una pressione sulla bolla ed è inversamente proporzionale al cubo del raggio della bolla stessa: un piccolo raggio comporta una grande pressione, una bolla grande ha meno pressione di una bolla piccola. Se la tensione superficiale dei liquidi intorno alla bolla è alta, la bolla verrà contrastata nella sua espansione. La tensione superficiale nei liquidi corporei, per esempio nell’urina, che può riflettere la situazione generale, aumenta con il diminuire del peso specifico, cioè aumenta quanto più l’urina è diluita ( cioè in situazioni di buona idratazione del soggetto) I sub iperidratati, dunque, sono molto più protetti dalla formazione di bolle rispetto ai disidratati ed anche ai normo-idratati. Marroni ha concluso il suo intervento ribadendo: “Siamo macchine biologiche, non possiamo essere espressi da una formula matematica!”
Tra le domande poste ai relatori, durante la discussione, ne riportiamo tre indirizzate a Marroni e a Fiorenzano :
D. Qual è il profilo migliore per l’immersione? Marroni: Ci sono molti algoritmi in giro adesso, dare tanti numeri potrebbe confondere ma, parlando delle immersioni più comuni, in curva tra i 25 e 30 metri, possiamo affermare con una certa sicurezza che la velocità di risalita migliore è quella di 10 metri al minuto. Inoltre, l’inserimento di una soste di 2/3 minuti a metà profondità o a metà della pressione (la differenza è sempre di 5 metri), è fortemente consigliata (soste di tempo inferiore non sarebbero di alcuna efficacia).
D. Nei sub di vecchia data, si nota un aumento della patologia enfisematosa? Fiorenzano: No, è più legata all’esposizione a fattori nocivi.
D. Il DAN si sta occupando anche delle immersioni multilivello? Sono state fatte delle valutazioni in merito?
Marroni: A livello sperimentale, nello studiare i profili, non abbiamo adottato le immersioni multilivello bensì le immersioni quadre. Però, vista l’enorme mole di dati che ci sta arrivando, attraverso la raccolta dei profili d’immersione che ogni subacqueo può scaricare e mandarci, abbiamo intenzione di ampliare la valutazione.
Il relatore successivo è stato il dr. Bruno Zennaro che si è occupato delle Patologie dell’orecchio nel subacqueo. “Le patologie dell’orecchio nel subacqueo sono molto frequenti – ha esordito Zennaro – e possono turbare il normale andamento di un’immersione”. L’orecchio e le altre cavità aeree, sono soggetti alle variazioni di pressioni e devono sottostare alle leggi fisiche che regolano il comportamento dei gas. Le prime fasi dell’immersione sono quelle più delicate perché la pressione diminuisce i volumi aerei. I seni paranasali compensano spontaneamente in situazioni normali, ciò non avviene per l’orecchio medio. Accade che la trachea, la laringe, i seni frontali e quelli paranasali, in quanto tutti collegati all'apparato respiratorio, ricevono dai polmoni aria alla stessa pressione di quell'esterna e, per effetto di quest'equivalenza, non subiscono nessun tipo di danneggiamento, né sono a rischio d'implosione. Anche l'apparato auditivo è collegato alle vie respiratorie, ma l'orecchio medio, a causa di una particolare struttura chiamata Tromba di Eustachio (un canale stretto e sinuoso), non riesce a compensare spontaneamente ed ha bisogno di manovre forzate per raggiungere un'equivalenza di pressione con l'esterno. Dunque, il timpano si introflette con l’aumentare della pressione e, attraverso la compensazione, l’aria viene convogliata nella cassa del timpano. In condizioni normali, la compensazione avviene con facilità senza che neppure ce ne rendiamo conto, infatti, la maggior parte delle volte è provocata dalla deglutizione e dallo sbadiglio. Le manovre di compensazione sott’acqua, non sempre avvengono spontaneamente ma bisogna ricorrere a delle manovre forzate che servono ad equilibrare la pressione. Le più note ed usate sono: la manovra di Valsalva/ Frenzel, la Marcante/Odaglia e la manovra di Toynbee. La prima è la manovra più usata da chi si immerge anche se, inizialmente, veniva impiegata solo a fini terapeutici in camera iperbarica. E’una tecnica di facile apprendimento, ma molto faticosa e poco raccomandabile perché sviluppa una notevole pressione intrapolmonare che potrebbe essere causa di sincope per gli apneisti. In caso di forame ovale pervio (PFO), può facilitare il passaggio delle bolle d’aria saltando il filtro polmonare e creando così problemi embolici e gassosi. La manovra di Marcante/Odaglia è difficile da spiegare ma, una volta imparata con un po' di pratica, è la più sicura ed efficace e non richiede particolari sforzi. La manovra di Toynbee viene usata di rado, è la più delicata in assoluto, in quanto l'aria non viene forzata bensì si utilizza solo il movimento dei muscoli per la deglutizione per compensare. Ha il difetto di essere piuttosto difficile da apprendere. In camera iperbarica, se il paziente è incosciente e, quindi, non in grado di compensare, va praticata la miringotomia (incisione del timpano). Zennaro ha poi affrontato il problema delle patologie in immersione. Tra queste, la più comune è l’otite esterna, una forma molto dolorosa anche se la membrana timpanica resta integra. La terapia prevede un’accurata pulizia del condotto con applicazione di gocce di cortisone. Nei casi più resistenti, va fatta terapia antibiotica. La formazione di esostosi del condotto, che possono raggiungere dimensioni ragguardevoli, rappresenta una patologia che si osserva nei subacquei professionisti ed in quelli che operano in acque fredde. La terapia è solo di tipo chirurgico. Il relatore ha raccomandato dei semplici accorgimenti per prevenire situazioni patologiche: il tappo di cerume va tolto per evitare l’otite barotraumatica esterna; il cappuccio della muta troppo stretta, può, anch’esso, provocare un barotrauma. L’otite barotraumatica può insorgere quando il sub non compensa in modo efficace e più scende in profondità, più la situazione peggiora con insorgenza di forte dolore ed edema. Se la discesa continua, può verificarsi la rottura della membrana timpanica che comporta dolore e vertigini con gravi situazioni di pericolo. La rottura del timpano, inoltre, provoca infezioni a carico della cassa timpanica dovuta a batteri. Ci può anche essere acufene , ipoacusia e perdita di sangue. In caso di perforazione timpanica, la terapia può durare fino ad un mese ed oltre.
Se la compensazione è stata inefficace, ci può essere sovrappressione con conseguente rottura della finestra rotonda, una specie di esplosione che può generare la fistola perilinfatica. In questo caso la sintomatologia comprende: acufene, ipoacusia, vertigini anche nei giorni successivi. Tra le cause più frequenti, una manovra di Valsalva particolarmente violenta. La malattia barotraumatica cronica, appannaggio dei sub professionisti, è dovuta a microtraumi ripetuti che comportano perdita uditiva ed autofonia. La vertigine alternobarica, si verifica, generalmente, durante la risalita. Si tratta di uno squilibrio pressorio di carattere transitorio, ma molto fastidioso e, a volte, con insorgenza di acufene. Se si è in immersione, conviene fermarsi ed aspettare che la vertigine passi. Questo accorgimento è di difficile attuazione se si sta praticando l’ apnea. Per concludere, la patologia da decompressione a livello vestibolare:in questo caso le bolle interessano i fluidi dell’orecchio interno e si espandono in risalita. I sintomi, in genere, sono: vertigine, acufeni, ipoacusia, nausea, vomito.
La dott.ssa Laura Vernotico, ha presentato alcuni Casi clinici emblematici.
Due di questi casi hanno riguardato subacquei vittime di patologie da decompressione immeritate. Il primo caso si riferiva ad una subacquea quarantacinquenne con 15 anni di esperienza, che aveva riportato gravi sintomi di PDD cutanea. Una lunga serie di indagini approfondite, ha rivelato la presenza di un PFO di piccole dimensioni ed una particolare predisposizione alle malattie autoimmuni. Il secondo caso ha preso in esame un subacqueo di 61 anni con problemi di soprappeso e pressione alta, vittima di un incidente da decompressione midollare. Anche in questo caso si è constatata la presenza di PFO. L’ultimo caso riguardava il rilascio di idoneità all’immersione, con limitazione, ad un ragazzo giovane con trombosi venosa profonda all’arto superiore destro e predisposto a malattia autoimmunitaria. La Vernotico ha concluso il suo intervento con delle semplici raccomandazioni: “Se capita un problema in immersione, contattate subito DAN, un Centro Iperbarico, oppure il 118! Il trattamento di emergenza deve essere avviato immediatamente sul campo. Non dimenticate di idratare e dare ossigeno. Se siete consapevoli di avere qualche problema fisico o di salute, prima di dedicarvi all’immersione, rivolgetevi a personale sanitario che abbia competenze specifiche”.
Il dr. Fabio Faralli, ha parlato dell’ Impiego in sicurezza dei rebreather: esperienze della Marina Militare. Dopo aver ricordato le imprese storiche compiute dai palombari, il relatore si è soffermato sull’iter di perfezionamento dei rebreathers. Ha evidenziato come la Marina Militare faccia uso dei circuiti semichiusi a miscela precostituita a flusso costante ed ha parlato di un sistema altamente innovativo che è stato usato durante gli sminamenti, per raggiungere quote più profonde. Ha indicato l’ipossia come uno dei rischi più importanti dei rebreathers ed ha sottolineato la problematicità dei trattamenti terapeutici nell’eventualità di incidenti.
Si è passati, quindi, al momento della discussione. Riportiamo alcune domande del pubblico e le risposte dei relatori interessati.
D. Mi è sembrato che i tre casi clinici descritti dalla dr.ssa Vernotico potessero essere diagnosticati prima. E’ possibile mettere insieme dei protocolli di screening più efficaci per fare in modo che l’incidente non accada?
Vernotico: Non è auspicabile che, di routine, si vada a fare delle indagini troppo approfondite e, spesso, invasive come screening in assenza di un incidente realmente accaduto. Ogni sub dovrebbe rendersi conto dei propri limiti ed essere responsabile di se stesso.
D. Il circuito semichiuso impiegato dalla nostra marina militare è più indicato rispetto a quello scelto dalle marine militare di altre nazioni?
Faralli: La marina tedesca, per esempio, ha scelto di usare il circuito chiuso per tutti i tipi d’immersione ed ha avuto molti incidenti. E’ preferibile un sistema come quello usato dalla marina italiana e cioè il sistema a circuito semichiuso.
D. Il rebreather è lo strumento del futuro? Il suo uso sarebbe da allargare anche ai sub ricreativi per rendere l’immersione più sicura?
Faralli: Dipende dal sub che lo impiega. Per utilizzare il rebreather c’è bisogno di una accurata formazione (come quella impartita ai nostri militari). Brauzzi: quante didattiche accetterebbero di sottoporre i sub allo stesso tipo di screening che utilizza la marina militare? Questo è un mondo professionistico con criteri completamente differenti da quelli del mondo ricreativo. Fare immersione ricreativa con il rebreather, non ha nessun significato: l’immersione ricreativa si deve fare in tranquillità. Queste sono attività che richiedono grande applicazione, selezione attitudinale ecc. ci vuole esperienza, coraggio e capacità professionale!
D. In caso di ernia cervicale, quali consigli si sente di dare a chi va sott’acqua? Vernotico: Fuori dall’acqua, consiglio di fare ginnastica posturale e, sott’acqua, evitare zavorra pesante e stare sempre attenti alla postura assunta.
Al termine della discussione, la parola è andata a Piero Mescalchin che ha parlato della Sicurezza dell’immersione in ambiente marino protetto: le Tegnue di Chioggia. Il relatore ha proiettato uno splendido filmato che ha mostrato come un ambiente adriatico con visibilità ridotta, quale le Tegnue di Chioggia (www.tegnue.it ), possa essere fruibile in sicurezza.
Il dr. Emanuele Nasole, ha affrontato il problema della Sicurezza dell’immersione in ambiente lacustre. “Il lago – ha detto Nasole - ha delle caratteristiche particolari che vanno conosciute per poter parlare di sicurezza: sicurezza, infatti, significa conoscenza” Dopo aver specificato che il lago, per le sue peculiarità, è spesso, utilizzato come “palestra” dai subacquei tecnici e dalle forze armate, il relatore ha elencato le caratteristiche dell’ambiente lacustre. La temperatura dell’acqua è costante nella parti più profonde ed aumenta negli strati più superficiali (d’estate può raggiungere anche i 25°). La temperatura di superficie varia nei diversi periodi dell’anno e, in inverno, può capitare di immergersi in laghi la cui superficie è ghiacciata. In questo caso il pericolo maggiore è l’ipotermia. Bisogna, quindi, effettuare l’immersione con attrezzatura adeguata: la muta stagna, per esempio, è indispensabile. Così gli erogatori devono avere delle caratteristiche specifiche con rubinetterie separate ed anti freeze. La visibilità, nelle acque lacustri, è quasi sempre limitata, il fitoplancton produce spore che conferiscono all’acqua una tonalità verde-giallognola tendente ad oscurarsi del tutto. La colorazione dell’acqua unita alla temperatura fredda, danno l’impressione di un’ assoluta solitudine che può generare panico nel subacqueo in immersione. Sul fondo del lago, si vedono spesso dei materiali di risulta e residuati bellici .Questi ultimi possono risultare particolarmente pericolosi se il subacqueo non adotta le opportune cautele. In generale, comunque, i pericoli che il sub incontra nelle acque lacustri, sono gli stessi in cui ci si imbatte in mare. I fondali, spesso sassosi, ma ricoperti dalla melma che li nasconde, possono provocare traumi e ferite. La profondità del lago è quasi sempre notevole. L’altitudine è un altro aspetto importante che entra in gioco nell’immersione ad alta quota, sopra i 700 m. Spesso sono posti impervi che si raggiungono con mezzi speciali o con funivia e, in alcuni casi, l’attrezzatura va portata a spalla. Quando si arriva in altitudine si è ipersaturi rispetto all’ambiente esterno perciò l’immersione va considerata come una ripetitiva: le tappe e la velocità di risalita sono diverse. Nel lago si deve usare la boa di segnalazione, come in mare ed il pericolo di incidenti da elica è molto frequente: “ben vengano le campagne di sicurezza come quelle del DAN! – ha detto Nasole che ha concluso la sua relazione raccomandando “una vigile e provvida paura, a favore della sicurezza”.
Il relatore successivo, Renato Ceccato, ha parlato di Soccorso in acque fluviali: esperienza della Protezione Civile della Provincia di Padova.
“L’attività della Protezione Civile che ha a che fare con l’acqua – ha detto Ceccato – deve, necessariamente, porre attenzione agli aspetti di sicurezza degli operatori”. Ha poi sottolineato come anche le attività di prevenzione e previsione stiano diventando sempre più importanti all’interno della Protezione Civile, al pari di quelle di soccorso. Gli operatori che appartengono al dipartimento di salvamento fluviale ed i sommozzatori, sono figure altamente specializzate, create per garantire la sicurezza delle attività che si svolgono nell’acqua. A questo proposito, Ceccato ha evidenziato che bisogna sfatare il luogo comune secondo il quale la Protezione Civile si baserebbe su una forza lavoro di bassa manovalanza dal momento che opera attraverso il volontariato. “ Per questo motivo - ha detto - meritano di essere conosciute le professionalità che ci sono all’interno!”
I lavori congressuali si sono conclusi con il contributo dei rappresentanti degli Enti dello Stato intervenuti: l’ing. Alessandra Bascià, responsabile del servizio officina mezzi nautici Nucleo Sommozzatori e Nucleo SAF Vigili del Fuoco di Venezia; il maresciallo Renato Basso, Comandante Nucleo Subacquei Arma dei Carabinieri Trieste; il tenente colonnello Alberto Catone, Comandante reparto operativo aereonavale della Guardia di Finanza di Venezia; l’ ispettore Capo Ernesto Marchiori, del Nucleo della Polizia di Stato di Venezia; Federico Politi, Direttore Centrale Operativa provinciale SUEM 118 di Vicenza; il Sottotenente di Vascello Massimiliano
E’ seguita la discussione. Riportiamo alcune domande poste dal pubblico e le risposte dei relatori.
D. Dalle descrizioni che sono state fatte dai rappresentanti dei vari Enti dello Stato, emergono numerose similitudini che accomunano le squadre preposte agli interventi in ambiente acquatico: è pensabile l’istituzione di un unico gruppo di sommozzatori? Si possono razionalizzare le strutture e unire le forze? Bascià: Ci sono esigenze logistiche diverse tra i diversi comparti che necessitano di un un’organizzazione indipendente.
D. Chiedo alle forze dell’ordine qui presenti per quale motivo i diportisti nautici non vengono controllati alla stregua di noi sub. C’è gente che prende a noleggio barche da commercianti senza scrupolo e passa indisturbata sulla testa dei sub…. Spiegatemi, per favore, perché vengono controllati molto di più i subacquei dei diportisti nautici?
Santodirocco: Non si può controllare tutti. Sarebbe come chiedere ai carabinieri di controllare tutte le macchine. Schiavon: ovviamente il problema è la sicurezza, non bisogna demonizzare il controllo dei sub perché viene fatto in funzione della loro sicurezza. Marroni: grazie al nuovo regolamento, recentemente emanato, che riguarda la nautica da diporto, tutto è molto più chiaro. Finalmente, una regolamentazione di carattere nazionale ha sostituito le varie ordinanze, emanate dalle capitanerie di porto, che creavano non poca confusione! Adesso c’è un regolamento ragionevole, rispettabile, con giuste regole di sicurezza. Però se gli Enti statali preposti si adopereranno affinché ci sia maggior cultura tra chi è alla guida dei natanti, sicuramente la sicurezza aumenterà!
I relatori della I sessione, secondo l’ordine dei loro interventi
Maurizio Schiavon, Responsabile dell’Unità Operativa di Medicina dello Sport e delle Attività Motorie, ULSS 16 di Padova Piero Mescalchin, Presidente dell’Associazione Tegnue di Chioggia, ONLUS Giuseppe Fiorenzano, Responsabile della Struttura Semplice di “Riabilitazione respiratoria post – acuzie” Lucio Ricciardi, Tenente di Vascello di Complemento, Consulente per la Fisiologia presso la Sez. di Fisiologia Subacquea dell’ufficio Studio di COMSUBIN, Marina Militare Alessandro Marroni, Presidente del DAN Europe e del DAN International Laura Vernotico, Responsabile del Centro di Fisiopatologia delle Attività Acquatiche. Centro Iperbarico di Ravenna Fabio Taralli, Capitano di Vascello. Capo Sezione di Fisiologia Subacquea dell’Ufficio Studi di COMSUBIN. Marina Militare Emanuele Nasole Responsabile scientifico dell’Istituto Iperbarico di Villafranca (VR), Renato Ceccato, Direttore del settore vigilanza e Protezione Civile della Provincia di Padova Alessandra Bascià, Responsabile del servizio officina mezzi nautici Nucleo Sommozzatori e Nucleo SAF Vigili del Fuoco di Venezia Renato Basso, Maresciallo, Comandante Nucleo Subacquei Arma dei Carabinieri Trieste Alberto Catone, Tenente Colonnello, Comandante reparto operativo aereonavale della Guardia di Finanza di Venezia Ernesto Marchiori, Ispettore Capo del Nucleo della Polizia di Stato di Venezia Federico Politi, Direttore Centrale Operativa provinciale SUEM 118 di Vicenza Massimiliano Santodirocco, Sottotenente di Vascello della Capitaneria di Porto Guardia Costiera di Chioggia.
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