di Elisabetta B. Anzoletti - CHIOGGIA - Danni per 50.000 euro nelle boe perimetrali delle Tegnùe. Lo segnala il comitato scientifico dell’associazione “Tegnùe onlus” che collega il fenomeno ad urti violenti di pescherecci e navi commerciali in transito chiedendo alla Capitaneria un’ordinanza che limiti ulteriormente il traffico nella zona a tutela biologica. Un problema che si somma a quello della pesca abusiva e dell’ancoraggio selvaggio. A primavera come ogni anno arriva puntuale la conta dei danni “invernali” nell’oasi biologica riconosciuta patrimonio dell’Unesco. E purtroppo la conta è sempre alta. L’area marina protetta è delimitata da mede perimetrali autorizzate dagli enti competenti. «Le mede sono state danneggiate», spiega Marino Masiero responsabile del comitato scientifico, «danni strutturali che per la tipologia possono essere ricondotti solo ad urti con pescherecci e navi commerciali. Per la rimozione, la riparazione e la ricollocazione serviranno 50.000 euro da prelevare dai fondi che la Regione ha messo a disposizione per la tutela e la promozione delle Tegnùe. E’ grave che mezzi che hanno tutta la strumentazione adatta per rilevare bersagli radar di queste dimensioni non abbiano un minimo di rispetto ». I danni sono di vario tipo: fari e pannelli solari divelti, galleggianti distrutti, rifiuti sul fondale. Il comitato tecnico ha deciso di chiedere alla Capitaneria un’ordinanza che limiti il traffico nell’area già di per sé tutelato da un canale di avvicinamento al porto che passa a lato delle Tegnùe, evidentemente poco utilizzato. Vi è poi il cronico problema dei diportisti che usano l’area come riserva di pesca ancorando nei delicati fondali. «Creano danni all’habitat bentonico», continua Masiero, «e distruggono i percorsi subacquei realizzati dalle 16 associazioni che collaborano con noi a titolo di volontariato. La pesca sportiva è vietata e sanzionabile, se non cesserà saremo costretti a chiedere agli enti competenti di intensificare le azioni di controllo sul diporto nell’area». Il settore della pesca professionale in realtà si è dimostrato attento alla tutela dell’area proponendo anche alcune iniziative importanti come la possibilità di realizzare nell’area circostante al parco marino delle nursery dove effettuare la semina e lo studio sulla crescita di colonie di capesante nostrane. «Se il progetto andrà avanti», sostiene Masiero, «si potrà insediare il primo consorzio chioggiotto delle capesante, sul modello di quello delle fasolare. In questo modo le Tegnùe diventeranno occasione di nuova occupazione per un settore in forte crisi». ©RIPRODUZIONE RISERVATA |