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Progetti di ripopolamento dell'Astice

Relazione riassuntiva delle attività svolte nell'ambito di due progetti coordinati (CNR, Ist. Biol. Mare, Venezia e Dip. Biologia, Univ. Trieste) svoltisi tra il 1996 e il 1999 con oggetto astici e tegnùe. A cura di Tiziano Scovacricchi

 

Alcune foto del progetto
Allevamento dei piccoli astici in vassoi a compartimenti individuali (ad evitare il cannibalismo)
Larve di astice appena schiuse
Larve di Astice appena schiuse 2
piccoli di astice di tre mesi di età prodotti in avannotteria
femmine ovigere
Trasporto di giovanili
Marcatura di astice adulto
Giovanili pronti per il rilascio sulla tegnua
Rilascio degli astici

Nel periodo 1996-1999, nell'ambito del IV Piano Triennale della Pesca e dell'Acquacoltura, il Ministero per le Politiche Agricole e Forestali ha finanziato due progetti coordinati finalizzati allo studio degli astici delle tegnùe alto-adriatiche:

PROGETTO 4C057
"Tentativi di produzione di giovanili di astice europeo Homarus gammarus (Linnaeus, 1758) (Decapoda, Nephropidae) per il ripopolamento di tegnùe (beachrock outcrops) alto adriatiche"
responsabile scientifico:
Dott. Tiziano Scovacricchi
CNR
Istituto di Biologia del Mare
Venezia

PROGETTO 4C056
"Allevamento in condizioni artificiali di Crostacei Nephropidae Homarus e Nephrops al fine del ripopolamento degli stocks"
responsabile scientifico:
Prof. Enrico Ferrero
Dipartimento di Biologia
Università di Trieste

Si riporta di seguito una relazione sintetica delle principali attività svolte nel contesto del Progetto 4C057.

RELAZIONE RIEPILOGATIVA SINTETICA

Le cosiddette tegnùe, o tenùte, sono agglomerati sommersi di natura organogeno-detritica o rocciosa, caratteristici del bacino alto-adriatico. Presenti nel tratto di mare fra Trieste e Chioggia, in formazioni puntiformi e disperse, di estensione variabile da pochi ad alcune migliaia di metri quadrati, questi substrati duri si elevano dal fondo per altezze che vanno da uno a quattro metri circa (Mizzan, 1995; Stefanon, 1966).
Entro un piatto ed omogeneo panorama di fondali sabbioso-fangosi, esse costituiscono vere e proprie riserve naturali per la riproduzione e l'insediamento di specie che non potrebbero altrimenti essere presenti negli stessi areali. Tra queste l'astice, o lupicante, è - o, più esattamente, era - una delle più frequenti e pregiate, tant'è che alcuni autori hanno ipotizzato che le abbondanti popolazioni qui dimoranti potessero essere limitate soltanto dal numero di tane disponibili (in Polixeni, 1975).
Tuttavia, migliaia di esemplari morti sono stati osservati sul fondo o alla sommità di tali formazioni sommerse in seguito all'anossia del 1977 (Stefanon e Boldrin, 1980), che colpì la porzione centrale dell'Alto Adriatico (Orel et al., 1993), e la loro presenza è andata in seguito progressivamente scemando.
Attualmente, le popolazioni di lupicanti appaiono talmente rarefatte da indurre a temere una loro prossima, definitiva scomparsa.
Forme di crisi o di autentico degrado ambientale, quali ipossie, anossie, acque mucillaginose e maree colorate, sono eventi ricorrenti e, secondo diversi autori, naturali, periodicamente documentati in Alto Adriatico (Franco e Michelato, 1992; Orel et al., 1993). Ma per quanto il precipitoso declino delle popolazioni di Homarus possa essere stato originato, nel 1977, da tali eventi, esso appare associabile soprattutto alla scarsità del reclutamento conseguente all'anossia piuttosto che al perdurare di condizioni ambientali sfavorevoli.

Entro un quadro di riferimento attinente la gestione integrata e la valorizzazione della fascia costiera, il presente lavoro ha avuto per oggetto un insieme di studi preliminari allo sviluppo e all'utilizzo di tecniche per il rafforzamento delle popolazioni di astice presso le tegnùe dell'Alto Adriatico.

In particolare, dopo una serie di esplorazioni subacquee mirate, condotte presso una dozzina di siti ubicati nell'arco delle sei miglia, nell'areale compreso tra Chioggia e Caorle, è stata selezionata una tegnùa "sperimentale" presso la quale si è dato corso al lancio di astici adulti marcati e di giovanili prodotti in un'avannotteria-pilota, e alle successive attività di monitoraggio.

La tegnùa si trova su un fondale di circa 20 m di profondità, a 5,8 miglia nautiche dalla bocca di porto di Lido (Venezia), in direzione 102°.

Previa scansione ed elaborazione con analisi di immagine di un precedente rilievo topografico (Boldrin, 1979), sono stati quantificati i principali parametri morfometrici della massa pietrosa (lunghezza, larghezza, perimetro, superficie, ecc...).
Un'ampia regione (2,2x5,5 km) circostante la tegnùa stessa è stata poi oggetto di una campagna di rilevamenti con side scan sonar attraverso la quale sono stati identificati altri aggregati rocciosi in prossimità del sito di rilascio, e ciò ha reso possibile la loro esplorazione al fine di verificare eventuali spostamenti di animali lanciati.

Presso la tegnùa sperimentale sono stati liberati esemplari adulti, acquisiti in prevalenza da pescatori di Caorle (Venezia) e comunque di provenienza nord-adriatica. Gli animali venivano marcati con fascette di plastica morbida colorata e stabulati in acquario per almeno una settimana prima del lancio in mare.

Contestualmente, è stata avviata la messa a punto di protocolli per l'acclimatazione di femmine ovigere e la schiusa delle uova, e per l'allevamento larvale in ambiente controllato. Sono stati così prodotti due distinti lotti di giovanili che hanno superato i 20 mm di lunghezza di carapace (C.L.) in appena sei mesi, e i 10 mm C.L. in circa 2 mesi, rispettivamente.
Il primo lotto proveniva da riproduttori catturati in Alto Adriatico e i piccoli sono stati liberati presso la tegnùa sperimentale, mentre il secondo gruppo di giovanili derivava da riproduttori di provenienza atlantica (Gran Bretagna) e non è stato perciò utilizzato in prove di rilascio in mare.
La produzione di giovanili è stata quindi realizzata con successo, sia pure in presenza di alcuni vincoli operativi, quali il notevole impegno richiesto per la cura dei piccoli (in termini di forza-lavoro e di tempo dedicato), l'ampio spazio necessario per crescere ogni individuo singolarmente, il mantenimento di regimi termici e di standard sanitari e alimentari adeguati.

Presso la tegnùa sperimentale, o presso aggregati rocciosi a questa prossimi, è stato possibile riavvistare animali adulti marcati fino a 294 giorni dalla liberazione in mare.

Sono state infine analizzate le serie storiche relative ai transiti commerciali di astici e scampi presso i mercati ittici di Chioggia, Venezia, Caorle, Marano Lagunare e Trieste, e presso alcune strutture private per la commercializzazione di prodotti ittici.
L'elaborazione dei dati risultanti da tale indagine ha fornito interessanti indicazioni non solo sull'abbondanza di Homarus nei passati decenni e sul declino delle catture a partire dalla metà degli anni ottanta, ma anche relativamente ai comportamenti migratori dei lupicanti, legati alle particolari condizioni ambientali che caratterizzano il bacino alto-adriatico. Tali risultati hanno anche prodotto informazioni di carattere operativo in ordine alle modalità di lancio di giovanili in tale area.

LETTERATURA CITATA

Boldrin, A., 1979. Aspetti ecologici delle formazioni rocciose dell'Alto Adriatico. Atti del Convegno Scientifico Nazionale P.F. Oceanografia e Fondi Marini, Roma, 5-7 marzo 1979, pp. 1197-1207.
Franco, P. e Michelato, A., 1992. Northern Adriatic Sea: oceanography of the basin proper and of the western castal zone. Science of the Total Environment, Suppl., Elsevier Science Publishers B.V., Amsterdam, 35-62.
Mizzan, L., 1995. Le Tegnùe. Substrati solidi naturali del litorale veneziano: potenzialità e prospettive. Azienda Sviluppo Acquacoltura Pesca, Via Forte Marghera 151, 30173 Venezia-Mestre, 46 pp..
Orel, G., Fonda Umani, S., Aleffi, F., 1993. Ipossie e anossie di fondali marini. Alto Adriatico e Golfo di Trieste. Regione Autonoma FVG, Direzione Regionale Ambiente, Trieste, 104 pp..
Polixeni, P., 1975. Possibilità di semicoltura dell'astice (Homarus sp.). Università di Padova, A.A. 1974-75, Tesi di laurea in Sc. Biol., pp. 88.
Stefanon, A., 1966. First notes on the discovery of outcrops of beachrocks in the Gulf of Venice. XX Congrès-Assemblée Plenière C.I.E.S.M.M., Rapp. Comm. Int. Mer. Médit., 19(4), pp. 648-649.
Stefanon, A., Boldrin, A., 1980. The oxygen crisis of the Northern Adriatic Sea waters in late Fall 1977 and its effects on benthic communities. The 6th Intern. Scient. Symp. of the World Underwater Fed. (CMAS), Ed. by Flemming N. Scientific Commission, 14-18 Sept. 1980, Edinburgh, pp. 167-175.

 
   
 
 
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