La storia
Fin dal XVIII secolo era già nota la presenza di
rocce sommerse al largo delle coste nord Adriatiche italiane, come testimoniano
gli scritti dell'abate Giuseppe Olivi (1792). I pescatori locali le hanno
sempre chiamate "Tegnùe" per la loro capacità di trattenere e rompere
le reti. Anche se temuti per i danni che possono arrecare, questi fondali
sono sempre stati apprezzati per la loro elevata pescosità. "Tegnùe" ve
ne sono un po' in tutto l'Adriatico settentrionale, a profondità variabili
dai 15 ai 40 metri. Hanno dimensioni che vanno dai piccoli massi isolati
fino a formazioni estese per centinaia di metri. Le Tegnùe sono rocce organogene
carbonatiche, cioè costruite dagli organismi marini, generalmente sovrimposte a
substrati duri precedentemente formatisi per il consolidamento di sabbie. Si
tratta in pratica di veri e propri "reef" naturali, svilluppatesi negli ultimi
3-4.000 anni, e che differiscono da quelli tropicali perché i principali
organismi costruttori qui non sono i coralli, ma bensì le alghe rosse calcaree,
chiamate "Corallinacee".
Nasce l’Associazione "Tegnue di Chioggia"
L'Associazione "Tegnùe di Chioggia" - onlus, nasce
dall'incontro di persone animate dalla passione per il mare, consapevoli della
necessità di unire le forze per studiare, valorizzare e proteggere l'ambiente
straordinario e ancora poco conosciuto delle Tegnùe, particolarmente estese al
largo di Chioggia. Grazie al progetto, predisposto dal sub padovano Piero
Mescalchin, corredato da materiale scientifico, fotografico e filmico, il 14
settembre del 2000 il Consiglio Comunale di Chioggia approva l'istituzione di
un'area protetta delle Tegnùe, e ne presenta richiesta al Governo. Il 5
agosto del 2002 con Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali,
l'Area delle Tegnùe di Chioggia viene quindi dichiarata "Zona di Tutela
Biologica", introducendo così il divieto di qualsiasi attività di pesca.
L'istituzione di una zona di divieto di
pesca però non può, da sola, garantire una corretta difesa e gestione di questo
patrimonio naturalistico; occorre una risposta concreta e attiva a questo
problema, attraverso il coinvolgimento della città di Chioggia e della sua
gente. Il 4 dicembre del 2002 viene quindi costituita l'Associazione "Tegnùe
di Chioggia", che riunisce nel suo comitato tecnico i rappresentanti del
mondo della ricerca, delle associazioni dei pescatori, degli operatori turistici
e dei circoli subacquei della zona.
Il primo atto dell'Associazione fu quello di presentare alla Regione Veneto, con
la collaborazione di tutti i componenti del direttivo e del Comitato Tecnico
Scientifico, un progetto triennale per la conoscenza, valorizzazione e
gestione della zona di tutela biologica. La completezza e l'alta professionalità
dimostrata ottengono subito dalla Regione Veneto il sostegno economico
necessario. Il progetto, avviato nel luglio 2003, prevede aspetti
divulgativi ed educativi, la predisposizione di ormeggi, percorsi subacquei e la
sperimentazione di una gestione che consenta una fruizione turistica
eco-compatibile e sostenibile. Gli aspetti scientifici, comprendenti la
caratterizzazione dei fondali e il monitoraggio dello stato dei popolamenti per
valutare l'efficacia degli interventi di gestione, sono sviluppati da diversi
Istituti di ricerca, nel pieno della loro autonomia.
L'Associazione fornisce ove possibile il
proprio supporto di mezzi e persone e, attraverso il finanziamento della
Regione, sostiene con borse di studio la formazione di giovani laureati.
L'Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al
Mare (ISPRA), con la sua nave oceanografica, si è occupato dei rilievi
geomorfologici, con Side Scan Sonar, su tutta l'area realizzando una preziosa
mappa sia degli affioramenti rocciosi sia delle tracce della pesca a strascico.
Attualmente si occupa del sistema informativo territoriale e delle problematiche
legate alla pesca. Il Centro di Ricerche Ambientali dell'Università di
Bologna ha realizzato dei siti di studio con campionamenti fotografici non
distruttivi per valutare la distribuzione a larga scala della fauna epibentonica,
mentre la Stazione Idrobiologica dell'Università di Padova si è occupata
dell'analisi qualitativa e quantitativa della fauna ittica. L’istituto di
Geoscienze e Georisorse (IGG) del CNR di Padova ha sottoposto dei campioni
di roccia organogena prelevati dalle Tegnùe di Chioggia a indagini
petrografiche, mineralogiche e chimiche. L'Istituto per le Scienze del Mare (ISMAR)
del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Venezia contribuisce ad inserire
le informazioni scientifiche raccolte nella zona di Chioggia, nel contesto più
ampio dell'Adriatico settentrionale. L'Associazione sta facendo molto anche
sul piano dell'educazione e della divulgazione ambientale. Oltre alla
realizzazione di materiale informativo e del Sito Internet www.tegnue.it,
ha realizzato un progetto educativo completo per le scuole. Nel kit che la
Regione Veneto ha distribuito a tutte le quarte classi delle scuole
elementari vi sono: un filmato in DVD che introduce
alla scoperta del "Regno marino delle Tegnùe", una favola ed un libro di giochi.
Per quanto riguarda la fruizione
turistica, sono state varate 11 boe all'interno della zona di tutela. Le
boe, non solo testimoniano l'esistenza della riserva, ma sono anche il primo
passo per una fruizione turistica compatibile con il rispetto dell'ambiente.
Ormeggiando alle stesse, invece di ancorare, si evitano danni alle delicate
rocce carbonatiche e agli organismi che vi crescono sopra. Le mappe e i
percorsi guidati, predisposti dai diversi club, conducono i subacquei nei
punti di maggiore interesse aumentando anche la sicurezza dell'immersione.
Nella Zona di Tutela Biologica le
Capitanerie di Porto di Chioggia e Venezia, sulla base del decreto
istitutivo, hanno emesso un’ordinanza che vieta qualunque forma di pesca, sia
professionale che sportiva, la raccolta degli organismi del fondo, l’ancoraggio
e l’immersione al di fuori delle boe predisposte. Questi provvedimenti sono
finalizzati a preservare sia le specie d'interesse commerciale sia l'ambiente
che le ospita. La creazione di una zona di riproduzione e ripopolamento col
tempo potrà alimentare le aree circostanti.
La maggiore conoscenza di questi luoghi potrebbe però
portare ad un aumento della pressione antropica data da subacquei e pescatori di
frodo, con conseguente sovrasfruttamento e degrado ambientale. Per questo è
necessario un regolamento d'accesso che, grazie alla collaborazione delle
Forze dell'Ordine e delle Autorità locali, controlli l'ancoraggio
indiscriminato, il numero di subacquei e imbarcazioni per ciascun ormeggio, la
pesca di frodo e la discarica di rifiuti. A contrastare queste azioni,
contribuisce anche l'opera di sensibilizzazione promossa dall'Associazione nei
confronti di turisti, pescatori e Autorità locali.